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BURNING LIVE - 14 Gennaio 2011

Barbablues Live @ "Babau" - Paderno Dugnano (MI)

Barbablues - “Burning Live”

(Avakian Productions - 2011)

A poco più di un mese dal brillante esordio discografico, tornano in grande stile i pavesi Barbablues licenziando un album “live” registrato il 14 gennaio del corrente anno nel corso di un’incandescente esibizione al Babau di Paderno Dugnano - sold out per l’occasione - locale che rappresenta, con le dovute proporzioni, per il sestetto lombardo, ciò che poteva significare il Whiskey A Go-Go di Los Angeles per i Doors o il Café Bizarre di New York per i Velvet Underground. Trattasi di un lavoro composto quasi interamente da cover (nove tracce su dieci), ad eccezione dell’ormai celebre inno generazionale “Dove comincia la notte”, già edita ovviamente sull’omonima prima fatica, nel quale Ozzella e compagni infiammano gli astanti con una rispettosa ma energica ed incisiva rilettura di un pugno di gemme che hanno contribuito a rendere leggendaria ed immortale la storia della “musica del diavolo”.

La partenza è al fulmicotone con i granitici 4/4 di “Summertime blues”, non certo un’apertura banale, se consideriamo che il “James Dean del rock’n’roll” Eddie Cochran è stato il primo grande chitarrista della storia del rock, nonché colui che con la sua triade classica “Summertime Blues”/”C’mon Everybody”/”Somethin’Else” ha virtualmente inventato il punk, molti anni prima che si iniziasse ad usare questo termine.

Si prosegue con la scoppiettante “Great balls of fire” del grande Jerry Lee Lewis, che sarà ancora omaggiato poco prima della conclusione del concerto con una travolgente “High school confidential” impreziosita dagli interventi al sax di Claudio Lauria. Entrambi i pezzi, eseguiti nel pieno rispetto delle versioni originali, permettono al talentuoso pianista Stefano “Stewie” Gilardoni di spaziare a piacimento mettendo in luce il proprio notevole potenziale.

Neppure un attimo per rifiatare che i Barbablues danno il meglio con un’indiavolata e scintillante rilettura del “jumping blues” di Roy Brown “Good rockin’ tonight” (di cui ricordiamo anche una notevole cover rilasciata anni addietro dai fiorentini Dennis & The Jets), nella quale sax e piano hanno ancora una notevole parte, mentre la voce di Ozzella imperversa e Max Miglietta picchia sui tamburi come un forsennato.

La “gioiosa macchina da rock and roll” va a mille e, a seguire l’imprescindibile tributo a Elvis “the Pelvis” (“Burning love”), c’è anche il tempo per un’incursione nel rock sudista dei Lynyrd Skynyrd più orgogliosi e nazionalisti quelli della “riempipista” “Sweet home Alabama” in un’esecuzione tecnicamente ineccepibile, tesa, vibrante e senza fronzoli, con l’affilata chitarra del leader che non fa prigionieri.

Dopo la sapida parentesi italiana di “Dove comincia la notte”, salutata dal pubblico con un’ovazione liberatoria, si torna al rock’n’roll più classico e la band si inchina davanti al “monumento” Robert Johnson, l’uomo che vendette la sua anima al diavolo in cambio dei segreti del blues, anche se la adrenalinica “Sweet home Chicago” eseguita con grande enfasi dai nostri, lontana parente di quella dell’antica minimale versione originale, è piuttosto la copia in carta carbone della song “riverniciata” e riconsegnata all’eternità dai “fratellini del blues” Jake ed Elwood.

La “Blue suede shoes” di perkinsiana memoria (uno dei dieci classici più noti e ripresi della storia) manda tutti a casa (appagati), chiudendo un lavoro che non registra nemmeno un secondo di stanchezza o di appannamento e la cui unica pretesa (ma vi pare poco?) è quella di appassionare, trascinare e divertire con l’antica ma non obsoleta arma del r’n’r.

Almeno per quanto ci riguarda, obiettivo pienamente centrato.

carlorock65

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